Fin dall’antichità i profughi sono stati una conseguenza di guerre, cambiamenti climatici o il frutto di precise scelte geopolitiche, come il popolamento e la coltivazione di territori strategici poco abitati. Nell’età moderna si sono venute ad aggiungere altre cause, come le persecuzioni di matrice religiosa, politica o sociale. L’età contemporanea si è poi caratterizzata per le espulsioni di grup- pi non rispondenti al criterio di nazionalità dello Stato di residenza. Ogni epoca ha visto progressivamente aumentare i repertori delle motivazioni all’origine del profugato. Con il Novecento l’esperienza dei profu- ghi si è legata a un fenomeno radicalmente nuovo: l’estendersi su scala globale del controllo delle frontiere e di politiche restrittive di ingresso nei territori statali. In questo nuovo contesto si è imposto il credo umanitario dell’intervento internazionale in favore dei profughi. Senza politiche migratorie restrittive non ci sarebbe stato bisogno di strumenti culturali e giuridici per distinguere con precisione chi poteva essere de nito rifugiato e chi no. Lo Stato, la sfera della cittadinanza e del welfare sono diventati elementi centrali nell’esperienza dei profughi, la cui vita è decisamente condizionata dalle pratiche di acco- glienza adottate dalle società e dalle istituzioni. I singoli e i gruppi familiari in fuga devono fare i conti in primo luogo con il complesso panorama istituzionale in cui sono ora inseriti. Un’analisi dei sistemi di accoglienza dal Novecento al tempo presente non può fare a meno di interrogare il ruolo delle istituzioni pubbliche. Riconoscere il ruolo dello Stato vuol dire innanzitutto mettere in questione la macchina amministrativa e i suoi input politici, interrogarla per af nare gli strumenti con cui solitamente si guarda alle istituzioni, estendere le analisi anche ai soggetti locali e a quelli sovranazionali. I saggi contenuti nella sezione monograca di questo numero di «Meridiana» rispondono a queste sollecitazioni a partire da un caso specifico: quello dell’Italia dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi. Sono molti i temi affrontati: i campi per stranieri allestiti dopo il passaggio del fronte e spesso recuperati da strutture costruite dal fascismo, i progetti per il welfare ai profughi elaborati dalle amministrazioni antifasciste, il lascito delle memorie del profugato, le esperienze di accoglienza più recenti, come quelle legate alle guerre civili jugoslave, e in fine gli ultimi anni, con gli arrivi dalle coste africane e mediorientali del Mediterraneo. Il profugo è una gura chiave del Novecento e porta con sé i segni dei tratti distintivi del secolo scorso: le migrazioni, lo Stato, il nazionalismo, l’atteggiamento delle società nei confronti dell’altro. La rilevanza che il tema ha assunto oggi rischia però di svuotare di spessore l’esperienza del profugato, per proiettare sul passato la forma delle categorie del presente. Un confronto tra storia e scienze sociali può aiutare anche la riflessione sul mondo attuale a uscire dalle secche della polemica spicciola quotidiana per utilizzare strumenti concettuali e categorie più corrette e utili al dibattito. Si tratta di questioni estremamente importanti per l’avvenire della società italiana, e non solo. Sono molte infatti le domande che investono con forza il nostro tempo presente: cosa ne sarà del futuro delle storie di chi vive oggi la sua esperienza di profugo in Europa? Quanto saranno lunghe e profonde le conseguenze degli atteggiamenti delle istituzioni europee nei confronti dei profughi?
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Yes -
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Italian -
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239 -
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