Massimo Donà fornisce qui una rivisitazione dei luoghi più ardui ed epocali della riflessione hegeliana. Quei luoghi in cui Hegel si incontra con la grande teologia dell’Europa (Agostino), con la “rivoluzione” del Moderno (Kant) e con il pensiero contemporaneo della crisi (Adorno). Criticando quelle interpretazioni dell’idealismo hegeliano che pretenderebbero di risolverlo in affermazione del dominio del pensiero sull’essere, in conciliazione dialettica degli opposti, l’autore tenta di liberare il terreno da una serie di immediate contrapposizioni e riprendere la più profonda (e forse a volte tradita) consapevolezza di Heidegger: che non soltanto siamo ben lontani dall’aver “superato” Hegel, ma non siamo ancora riusciti a comprenderlo.
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Italian -
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Massimo Donà
A dipanarsi, in queste pagine, è un vero e proprio corpo a corpo con la questione che più da vicino, forse, ci riguarda: quella di Dio. Che già Aristotele riteneva costituire la ragione ultima di ogni metafisica – in virtù della quale, cioè, ogni vera filosofia avrebbe dovuto riconoscere, da ultimo, la propria vocazione intrinsecamente teologica. Ma, parlare di Dio, nel nostro orizzonte culturale, significa anche non poter non fare i conti con una tradizione che, nata con la Torah (o Antico Testamento), avrebbe trovato nelle parole dei Vangeli – e, più in generale, del Nuovo Testamento – una tanto sorprendente quanto radicale rideterminazione. E, soprattutto, significa parlare di ciò che, alla luce di tale tradizione, ha sempre finito per riflettere il modo in cui si è saputo pensare il rapporto tra Dio (in quanto “principio”) e le cose del mondo (in quanto “principiati”). Il modo in cui, cioè, si sarebbe riusciti a pensare una “relazione” che doveva essere proprio il Cristianesimo a concepire come inscritta nel cuore stesso di un Principio aporeticamente trinitario.