Un certo tipo di riflessione bioetica mette spesso sotto accusa la tecnologia come segno di arroganza e insofferenza nei confronti dei limiti insiti nella condizione umana. In altri termini, si tratta dello schema interpretativo per cui, morto Dio, si affaccia sulla scena il Superuomo con il relativo affermarsi di una volontà di potenza inarrestabile. Il fantasma di Nietzsche, con quanto di morboso e terribile è associato al suo pensiero, va a braccetto col mito di Prometeo, ed entrambi sono evocati per far risaltare, per contrasto, un mondo fatto di certezze metafisiche e di ordine naturale in cui ogni cosa trova una sua collocazione e al quale, dimenticando quanto le metafisiche cadano spesso in contraddizioni insanabili tra loro, l’etica chiede solo di adeguarsi fiduciosamente. Da qualche tempo la cronaca, anche prima dell’evento pandemico, propone notizie spesso drammatiche di problemi correlati allo sviluppo della biomedicina. La cosa di per sé può essere un bene perché così si esalta il significato della bioetica come movimento di opinione e di emancipazione individuale. Un male perché spesso la rappresentazione giornalistica tende a semplificare e, a volte, anche a banalizzare questioni e controversie serie. Negli articoli qui raccolti, Prodomo naviga cercando di evitare sia la Scilla della pedanteria che la Cariddi della sciatteria. Ai lettori il giudizio circa la riuscita di questo intento.
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Italian -
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About the author
Raffaele Prodomo
Raffaele Prodomo insegna Bioetica presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, è presidente dell’Istituto Italiano di Bioetica-Campani e componente del Centro Interuniversitario di Ricerca Bioetica di Napoli. È autore dei volumi: Questioni di etica medica. Fondamenti per una bioetica storicista (1992), Medicina e libertà individuali (1997), Il male oscuro della medicina (1998), L’embrione tra etica e biologia (1998), Introduzione alla bioetica (2002), Una bioetica liberale (2003), La Natura umana. Evoluzionismo e storicismo (2007).