Linguaggio, pensiero e realtà

Linguaggio, pensiero e realtà

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Che il nostro pensiero venga influenzato dalla lingua che parliamo, ovvero che sia la grammatica a condizionare la nostra visione del mondo, è una delle grandi ipotesi della linguistica contemporanea. Benjamin Lee Whorf ne condivide la paternità con Edward Sapir, e ai loro nomi è legato il cosiddetto «relativismo linguistico», che trova importanti formulazioni nei saggi di Whorf qui raccolti. All'inizio questa prospettiva di ricerca si è attirata addirittura l’accusa di sovversione, perché osava postulare che alcuni popoli ritenuti «primitivi» avessero una struttura linguistica più ingegnosa di quelli evoluti, rovesciando un preconcetto diffuso. Ma non ha avuto vita facile neppure in seguito, quando si è imposta la tendenza a studiare gli universali del linguaggio, piuttosto che gli aspetti distintivi delle singole lingue.
Ciononostante, con il determinismo lingua/cultura sostenuto da Whorf hanno dovuto continuare a confrontarsi fino a oggi tutte le teorie del funzionamento del linguaggio. E sono tuttora esemplari e ricche di implicazioni inesplorate le sue indagini sulle categorie grammaticali e sulla formazione delle parole.

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Benjamin Lee Whorf

Benjamin Lee Whorf (1897-1941), ingegnere di mestiere, linguista e antropologo non accademico per passione, da autodidatta in materia divenne uno dei maggiori esperti delle lingue dei nativi americani (Hopi e Inuit) e di quelle degli antichi popoli mesoamericani (Maya, Aztechi e Toltechi). L’incontro con Edward Sapir, eminente linguista della Yale University, fu decisivo per dare forma compiuta alla teoria di Whorf (ipotesi di Sapir-Whorf). Linguaggio, pensiero e realtà, uscito postumo, raccoglie i suoi scritti principali, risalenti in gran parte agli anni trenta del Novecento.

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