Daria Bignardi
«Pia Pera ritaglia dai bordi della malattia – sua, ma anche dell'essere umano in quanto tale – una terra di luce e di libertà».
Chiara Gamberale
«Un libro dolente e luminoso».
Michele Serra, la Repubblica
«Questo libro di Pia Pera è splendido.»
Nicola Gardini, Sole 24 ore
Per molti versi, avrei preferito non dover pubblicare questo libro, che non esisterebbe se una delle mie scrittrici preferite – non posso nemmeno incominciare a spiegare l’importanza che ha avuto nella mia vita, professionale ma soprattutto personale, il suo Orto di un perdigiorno – non si trovasse in condizioni di salute che non lasciano campo alla speranza. Eppure. L’orto di un perdigiorno si chiudeva con una frase che mi è sempre sembrata un modello di vita, un obiettivo da raggiungere: «Ho la dispensa piena». Oggi questa dispensa, forse proprio grazie alla sua malattia, Pia ha trovato modo di aprircela, anzi di spalancarcela. E la scopriamo davvero piena di bellezza, di serenità, di quelle che James Herriot ha chiamato cose sagge e meravigliose, di un’altra speranza. È davvero un dono meraviglioso quello che in primo luogo Pia Pera ha fatto a se stessa e che poi, per nostra fortuna, dopo lunga riflessione ha deciso di condividere con i suoi lettori. Non posso aggiungere molto, se non raccomandare con tutto il mio cuore la lettura di un libro che, come pochi altri, ci aiuta a comprendere la straordinaria avventura di stare al mondo.
Luigi Spagnol
«Bellissimo e struggente».
Serena Dandini
Book details
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Publisher
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Original text
Yes -
Language
Italian -
Original language
Italian -
Publication date
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Page count
224 -
Theme
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Collection
About the author
Pia Pera
PIA PERA (Lucca, 12 marzo 1956 – Lucca,26 luglio 2016) è stata scrittrice di saggistica e narrativa e traduttrice dal russo. Esordisce nella narrativa con il libro di racconti La bellezza dell’asino (Marsilio 1992) e il romanzo Il diario di Lo (Marsilio 1995; Ponte alle Grazie 2018). Del 2000 è il saggio L’arcipelago di Longo Maï. Un esperimento di vita comunitaria (Baldini&Castoldi) che segna una svolta: in cerca di una diversa dimensione del vivere, Pia Pera lascia Milano per trasferirsi nel podere di famiglia in Lucchesia dove matura una filosofia del giardino che sarà al centro della sua produzione letteraria successiva: nel 2003 esce per Ponte alle Grazie L’orto di un perdigiorno. Seguono Il giardino che vorrei (Electa 2006, Ponte alle Grazie 2015), Contro il giardino, con Antonio Perazzi (Ponte alle Grazie 2007; 2021). Giardino & Ortoterapia (Salani 2010, ripubblicato ampliato come Le virtù dell’orto, Ponte alle Grazie 2016), Le vie dell’orto (Terre di mezzo 2011; Ponte alle Grazie 2021). Ha scritto di natura e giardino anche su Gardenia, Il Giornale, Internazionale, Diario, sulla Domenica del Sole 24 Ore. Nel 2012 scopre di essere malata di sclerosi laterale amiotrofica, muore quattro anni dopo. Il racconto dell’attesa della morte è al centro del suo capolavoro, Al giardino ancora non l’ho detto (Ponte alle Grazie 2016), finalista al premio Viareggio e vincitore del premio Rapallo. La sua vita è narrata nel romanzo Due Vite di Emanuele Trevi (Neri Pozza 2021) vincitore del premio Strega 2021.