Ammazzare Platone

Ammazzare Platone

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In un angolo di periferia mediterranea, in pieno giorno, un uomo viene investito da un camion. Come generate dalla stessa scena che attrae la loro attenzione, iniziano ad apparire figure – passanti, un musicista, una bambina, un anziano, perfino un cane – che moltiplicano l’evento nelle loro prospettive, smontandolo e rimontandolo come i frammenti di un puzzle. Sotto i ventotto componimenti che ruotano intorno a quel l’incidente/accidente, scorrono sottotitoli che raccontano di una donna che si ritrova coinvolta nello stesso gioco della rappresentazione mentre sta portando al suo editore un libro dallo strano titolo: Ammazzare Platone. La dissoluzione del reale è totale, ciò che accade avviene soltanto nel linguaggio; non c’è più un fatto dietro le parole, sono le parole stesse a tessere ogni incrocio casuale di cui si compone la vita: è il tramonto del mondo delle idee di Platone, del giudizio che si sovrappone al reale avvalorandolo, a favore di una realtà più debole, forse, ma più autentica per la sensibilità senza protezione dell’uomo contemporaneo. Ammazzare Platone significa ammazzare il dualismo occidentale, l’abitudine di sovrapporre i concetti alle cose. In appendice, Scrivere, professione di fede nella poesia come possibilità “di convocare la verità del grido” e ampia esplorazione sul potere della scrittura in rapporto al dolore.

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