Come quella del grande Confucio, anche la vita del maestro Meng (conosciuto come "Mencio" in Occidente) fu scandita, oltre che dai progressi nella sapienza, da innumerevoli viaggi alla ricerca di sovrani capaci di governare i loro sudditi in accordo con la filosofia. Mencio mori¿ intorno al 289 a.C., ormai all'apice della sua fama, dopo aver incarnato il tipo perfetto del sapiente i cui pensieri, trasmessi da dialoghi e sentenze, erano direttamente originati dall'esercizio della virtu¿ e dall'infallibile comprensione della natura umana e dei suoi limiti. La parola di Mencio non cade mai dall'alto di qualche impervia regione metafisica. Il filosofo vive in costante contatto con i problemi e le aspirazioni dei suoi simili, ed esercita le sue prerogative alla maniera di un medico che ripara le storture e le cattive abitudini del pensiero. Eliminati tutti gli inutili orpelli, nel cuore dell'uomo deve regnare la carita¿, e la sua strada e¿ quella della giustizia. Ma non c'e¿ nulla che possa considerarsi acquisito una volta per tutte. Cosi¿ come i beni materiali ci vengono offerti e sottratti dalla ruota della fortuna, possiamo continuamente sviarci, perdere il controllo del nostro equilibrio interiore, dimenticare cio¿ che dovremmo essere. Il filosofo veglia sulle innumerevoli lesioni che la vita quotidiana infligge alle verita¿ supreme, tentando di porvi rimedio con i buoni esempi e l'arte del dialogo illuminante. Parole che dall'antica Cina sembrano rivolte direttamente a noi, cosi¿ facili a smarrire il nesso di verita¿ che dovrebbe sempre legare le parole e le cose, i propositi ai comportamenti, il bene che ci aspettiamo dagli altri e quello che siamo capaci di restituire.
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Language
Italian -
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96 -
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