Nessun brutto voto è per sempre

Nessun brutto voto è per sempre

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«Niente e nessuno al mondo potrà fermarmi dal ragionare» cantava Jovanotti qualche anno fa. Due secoli prima, rispondendo alla domanda: «Che cos’è l’illuminismo?», Immanuel Kant poneva con forza l’accento sull’autonomia della ragione. In fondo, il celebre rapper nostrano e il filosofo della «ragion pura» non hanno molto in comune, eppure entrambi, ognuno a modo loro, ci invitano a coltivare la libertà di pensiero come unica via per uscire dallo «stato di minorità». La carriera scolastica di ognuno di noi coincide proprio con questa traiettoria verso la «maturità», la capacità di cavarcela da soli nel mondo. Ma perché la libertà non rimanga un concetto astratto, e si possa così essere educati alla libertà, occorrono determinazione, impegno, talento, ingredienti essenziali per essere studenti (e non solo) di successo. Tutto ciò si fonda su un aspetto cruciale della personalità di ognuno: l’autostima, la fiducia in sé e nelle proprie capacità di crescita e recupero. Purtroppo, però, i programmi ministeriali non prevedono l’insegnamento di una «materia» così importante, né gli insegnanti sembrano in grado di rimediare a questa lacuna: anzi, la scuola di oggi, erede di una tradizione che mira più a disciplinare che a motivare gli studenti, riduce la carriera scolastica alla pura valutazione quantitativa del «rendimento» ignorando le qualità irriducibili dell’individuo. A tutti sarà capitato di prendere un brutto voto, ma ciò che conta è sapersi rialzare, capire dove si è sbagliato, senza lasciarsi travolgere dalla spirale negativa della frustrazione e senza che una semplice battuta d’arresto mini la motivazione e il desiderio di conoscere. L’autore di queste pagine si rivolge alla figlia diciassettenne con la sensibilità del padre attento e curioso, e con il privilegio di anni di esperienza come preside nelle scuole superiori. Tanti consigli e osservazioni, quindi, sulla psicologia e la sociologia della scuola, ma altrettanti dubbi e domande sul compito più difficile che i ragazzi dovranno affrontare: andare per il mondo con le proprie gambe, e con la propria testa.

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