Un economista appassionato di libertà, così si potrebbe definire Sismondi, ginevrino vissuto in Italia per metà della sua esistenza. Sismondi visse e scrisse in un momento storico particolarmente intenso. Tra il 1773 e il 1842 Rivoluzione e Reazione, crisi economiche e sviluppo industriale, nuove forme di schiavitù e miseria collettiva, ponevano l’esigenza di ricostruire i contorni culturali e scientifici di un sapere comune scosso fin nelle sue più profonde radici. L’economia si scopriva allora come parola per esprimere la nuova natura della libertà dei moderni e campo di conciliazione tra ideali che erano entrati in conflitto: l’equità, la libertà e la fraternità. E se oggi dire libertà significa ripetere una parola abusata che, nella teoria economica, si riferisce soprattutto alla possibilità di esprimere preferenze e operare scelte sul mercato, nelle pagine di Sismondi essa si riscopre come una dimensione dell’esistenza assai più ricca e complessa, intrinsecamente legata alla realizzazione della giustizia e al modo di essere noi stessi con gli altri. Riprendere il coraggio di fare economia ripronunciando queste grandi parole dell’umano significa così porre con insistenza l’interrogativo radicale: ma che cos’è l’economia? Nella risposta a una tale, inesauribile domanda, si manifesta la ricchezza della riflessione di Sismondi sull’economia e la sua scienza. Una risposta articolata nel tentativo ambizioso e appassionato, come lo chiamò Luigi Einaudi, di definire l’economia occupandosi dei modi di costruire le relazioni sociali e di organizzarle, rinvenendo in questo «il nocciolo della questione», la creazione di ogni vera ricchezza.
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Italian -
Idioma official
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