«In questo splendido testo Handke ha veramente realizzato l’impossibile.»
La Stampa - Giorgio Manacorda
«Il romanzo di un rapporto istintuale e fisico elementare come quello con la madre.»
Corriere della Sera - Claudio Magris
«È una mente aperta e libera quella che si esprime nell'opera di Handke, come può essere quella di un poeta in un mondo disertato dalla poesia.»
Emanuele Trevi
«Pochi come lui hanno saputo registrare e testimoniare con la scrittura la difficoltà di stare nel mondo.»
Goffredo Fofi
«Scrivo la storia di mia madre, in primo luogo perché credo di sapere su di lei e su come maturò la sua morte più di qualunque intervistatore estraneo […] e perché, esattamente come qualsiasi intervistatore esterno, anche se in altra maniera, vorrei fare, di questa morte volontaria, un caso.»
È il 21 novembre 1971, Handke ha ventinove anni quando apprende dalla Volkszeitung, un quotidiano locale, alla rubrica Varie, la notizia della morte della madre. Da quel momento il bisogno di scrivere di lei si fa violento, e al contempo vago: lo scrittore sente che gli sarà necessario uno sforzo enorme, su se stesso e sulla macchina da scrivere, per raccontare con massima precisione quello che ha intenzione di raccontare – qualcosa di vicinissimo a un’autobiografia. Sua madre è una donna invisibile. Una donna che, per dare un padre al figlio che aspetta da un uomo sposato, lascia la Carinzia slovena in cui è cresciuta per seguire a Berlino un sottoufficiale della Wehrmacht. Finita la guerra, torna in quella provincia intrisa di cattolicesimo barocco e mesto, dove dominano le apparenze e i pensieri avari, i desideri sono visti di cattivo occhio e la felicità è sconveniente. L’unica cosa che sua madre desidera è ricominciare a studiare. Si appassiona a Hamsun, a Dostoevskij, a Faulkner: ma la letteratura non le insegna a pensare finalmente a se stessa, le spiega soltanto che ormai è troppo tardi. A cinquantun anni si toglie la vita ingoiando una manciata di pillole. Suo figlio, lo scrittore tenuto d’occhio dalla critica per il talento eversivo e sperimentatore, eredita allora quella questione aperta: lo scontro con la vita e la letteratura, l’urgenza di scrivere (di sua madre) «in modo più preciso», senza psicologismi, forzando la biologia fino alla radice di uno sradicamento esistenziale e letterario. Ne nasce un libro straordinario, il suo capolavoro.
La Stampa - Giorgio Manacorda
«Il romanzo di un rapporto istintuale e fisico elementare come quello con la madre.»
Corriere della Sera - Claudio Magris
«È una mente aperta e libera quella che si esprime nell'opera di Handke, come può essere quella di un poeta in un mondo disertato dalla poesia.»
Emanuele Trevi
«Pochi come lui hanno saputo registrare e testimoniare con la scrittura la difficoltà di stare nel mondo.»
Goffredo Fofi
«Scrivo la storia di mia madre, in primo luogo perché credo di sapere su di lei e su come maturò la sua morte più di qualunque intervistatore estraneo […] e perché, esattamente come qualsiasi intervistatore esterno, anche se in altra maniera, vorrei fare, di questa morte volontaria, un caso.»
È il 21 novembre 1971, Handke ha ventinove anni quando apprende dalla Volkszeitung, un quotidiano locale, alla rubrica Varie, la notizia della morte della madre. Da quel momento il bisogno di scrivere di lei si fa violento, e al contempo vago: lo scrittore sente che gli sarà necessario uno sforzo enorme, su se stesso e sulla macchina da scrivere, per raccontare con massima precisione quello che ha intenzione di raccontare – qualcosa di vicinissimo a un’autobiografia. Sua madre è una donna invisibile. Una donna che, per dare un padre al figlio che aspetta da un uomo sposato, lascia la Carinzia slovena in cui è cresciuta per seguire a Berlino un sottoufficiale della Wehrmacht. Finita la guerra, torna in quella provincia intrisa di cattolicesimo barocco e mesto, dove dominano le apparenze e i pensieri avari, i desideri sono visti di cattivo occhio e la felicità è sconveniente. L’unica cosa che sua madre desidera è ricominciare a studiare. Si appassiona a Hamsun, a Dostoevskij, a Faulkner: ma la letteratura non le insegna a pensare finalmente a se stessa, le spiega soltanto che ormai è troppo tardi. A cinquantun anni si toglie la vita ingoiando una manciata di pillole. Suo figlio, lo scrittore tenuto d’occhio dalla critica per il talento eversivo e sperimentatore, eredita allora quella questione aperta: lo scontro con la vita e la letteratura, l’urgenza di scrivere (di sua madre) «in modo più preciso», senza psicologismi, forzando la biologia fino alla radice di uno sradicamento esistenziale e letterario. Ne nasce un libro straordinario, il suo capolavoro.
Detalles de eBook
-
Editor
-
Idioma
Italian -
Fecha de publicación
-
Contador de páginas
112 -
Traductor
-
Colección
Sobre el autor
Peter Handke
Peter Handke, nato a Griffen (Austria), nel 1942, è romanziere, drammaturgo e poeta. La casa editrice Guanda ha pubblicato Storie del dormiveglia, Falso movimento, Il peso del mondo, La storia della matita, Pomeriggio di uno scrittore, Epopea del baleno, Saggio sul luogo tranquillo, Saggio sul cercatore di funghi, Prima del calcio di rigore, L'ambulante, I giorni e le opere e I calabroni. Nel 2009 gli è stato conferito il premio Franz Kafka e nel 2014 l’International Ibsen Award. Ha collaborato in varie occasioni con il regista Wim Wenders, fino a Il cielo sopra Berlino. Nel 2019 gli è stato conferito il Premio Nobel per la Letteratura per "la sua opera influente che ha esplorato con ingegnosità linguistica la periferia e la specificità dell’esperienza umana".