Ci sono periodi storici che, nella memoria collettiva, si legano indissolubilmente a una città. Se il simbolo del Rinascimento è Firenze, degli anni sessanta la swinging London, la Belle Époque per tutti si incarna in Parigi. All'inizio del Novecento è qui che si concentrano gli spiriti più inquieti e creativi del tempo. Tra i suoi boulevard, nei tavoli dei caffè celebri come La Rotonde o La Coupole, nelle gallerie e negli atelier, si possono incrociare Modigliani con l'amata Jeanne, Dalí con il suo formichiere al guinzaglio, Picasso e la sua bande, e ancora Marc Chagall, Max Jacob, Jean Cocteau... Sono anni febbrili, ogni giorno alla Gare de Lyon sbarcano decine di giovani artisti bohémien pieni di ambizioni. Tra questi c'è un gruppo di italiani destinato a lasciare un segno nella storia dell'arte. Giorgio de Chirico e suo fratello Alberto Savinio arrivano a Parigi nel 1911, poco dopo saranno raggiunti da Mario Tozzi, René Paresce, Massimo Campigli e Filippo De Pisis. Gino Severini si è già trasferito da qualche anno. Sette artisti "metechi", come li chiamano con disprezzo i francesi. Les Italiens nel 1928 si riuniscono intorno a Tozzi per la prima grande mostra collettiva del gruppo suscitando l'ammirazione dei colleghi e le critiche indispettite dei detrattori. Già da qualche tempo, l'"accademia" francese guarda con sospetto tutti questi artisti stranieri che stanno rubando la scena ai francesi. L'esplosione dei nazionalismi tra le due guerre destabilizza ulteriormente la posizione degli italiani a Parigi, e presto sono costretti a lasciare la città. La "festa mobile", nella celebre definizione di Hemingway, è terminata, lo spirito del tempo sembra pronto ad abbandonare Parigi. Rachele Ferrario dipinge un vivace quadro di quegli anni folli e racconta, con rigore e leggerezza, l'affascinante parabola degli Italiens de Paris, protagonisti e testimoni di una delle stagioni più entusiasmanti dell'arte mondiale.
«Si lanciarono a passo di danza nelle più scatenate sales de bal, si estenuarono in discussioni nelle brasseries. Scrissero per passione e per mestiere, ma soprattutto dipinsero» - "il Venerdì di Repubblica"
«Si lanciarono a passo di danza nelle più scatenate sales de bal, si estenuarono in discussioni nelle brasseries. Scrissero per passione e per mestiere, ma soprattutto dipinsero» - "il Venerdì di Repubblica"
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Italian -
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176
Sobre el autor
Rachele Ferrario
Rachele Ferrario insegna Fenomenologia delle arti all’Accademia di Belle Arti di Milano. Collaboratrice del “Corriere della Sera”, cura e organizza mostre dal 1998. Dirige l’archivio René Paresce, di cui ha redatto il catalogo generale e la biografia Lo scrittore che dipinse l’atomo. Vita di René Paresce da Palermo a Parigi. Tra i suoi ultimi libri: Regina di quadri. Vita e passioni di Palma Bucarelli (2010), Le signore dell’arte. Quattro artiste italiane che hanno cambiato il mondo (2012), Margherita Sarfatti. La regina dell’arte nell’Italia fascista (2015).