Intorno al tema dei linguaggi politici è in corso ormai da diversi anni un intenso dibattito storiografico, grazie anche al rinnovamento di prospettive scaturito dal dialogo con altre scienze umane e sociali. Proprio l’esigenza di mettere a fuoco questo denso nodo concettuale ha indotto un gruppo di studiosi del tardo Medioevo e del primo Rinascimento a cimentarsi con un progetto di ricerca articolato lungo due direttrici principali.
Innanzitutto si è voluto allargare l’analisi oltre il circuito dei testi prodotti da umanisti, filosofi e altri “grandi autori”, valorizzando l’ampio spettro di fonti per convenzione definite “pragmatiche” – capitoli, gravamina, arenghe, missive, statuti, testimoniali, atti notarili, ecc. – solitamente trascurate dagli storici delle idee come da quelli della cultura “alta”.
In secondo luogo si è prestata un’attenzione particolare alle circostanze d’uso dei linguaggi, così da cogliere la funzione polemica e rivendicativa: da qui l’importanza dei contesti in cui le idee prendevano corpo e dei rapporti tra gli autori o produttori di testi e i loro destinatari.
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