«Lo zelo, quando degenera in eccessi e iniziative troppo dure, va annoverato tra i mali e non deve trovare spazio nel grembo della Chiesa».
A metà Settecento in Portogallo si verificò una situazione che aveva pochi precedenti. Si diceva che molti sacerdoti chiedessero ai fedeli che si confessavano di rivelare i nomi dei loro complici, per poterli redarguire. Si poneva tuttavia un problema: era possibile violare la segretezza della confessione per correggere chi sbagliava? E perché i vescovi non punivano i sacerdoti che si macchiavano di quei crimini? In verità, nessuno stava infrangendo il vincolo del sacramento. Dietro quelle accuse, create ad arte, si celava la volontà dell’Inquisizione di controllare il clero e limitare la giurisdizione dei vescovi, tacciati di negligenza e di scarsa sorveglianza. Non si trattava di una questione locale: in discussione c’erano gli equilibri di potere all’interno dell’istituzione ecclesiastica. Dopo che l’inquisitore di Portogallo e il patriarca di Lisbona si scagliarono contro i vescovi portoghesi, la schermaglia si estese infatti fino a Roma, suscitando un dibattito di portata internazionale. La battaglia infuriò nonostante gli sforzi di Benedetto XIV di placare gli animi, e a essere coinvolte furono personalità di spicco del panorama europeo. Tra di esse Lodovico Antonio Muratori che, ingaggiato dai vescovi, compose un’operetta latina intitolata Lusitanae Ecclesiae religio in administrando poenitentiae sacramento. Edito nel 1747, il volume ribadiva la sacralità del sigillo della confessione e condannava con sdegno le calunnie elaborate dall’Inquisizione contro l’episcopato del Portogallo. Gli inquisitori – spiegava Muratori – dovevano essere tenuti lontano dalle rivelazioni che i credenti consegnavano ai loro confessori, ed era proprio l’Inquisizione ad aver provocato i danni più gravi alla religione cristiana. Il pamphlet è ora presentato in edizione moderna e commentata. L’introduzione di Matteo Al Kalak svela i retroscena di una spy-story in cui furono coinvolti illustri gesuiti, eminenti cardinali della Curia romana, inquisitori, intellettuali e ghost writers. La traduzione, curata da Francesco Padovani, è poi arricchita da un agile apparato critico che permette al lettore di inquadrarne i contenuti all’interno del dibattito settecentesco. Ne emerge un Muratori combattivo e tenace, impegnato, al termine della sua vita, a liberare la Chiesa dalla morsa di un’Inquisizione divenuta insopportabile e sempre più pericolosa.Détails du livre
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À propos de l'auteur
Lodovico Antonio Muratori
Lodovico Antonio Muratori (1672-1750), erudito, storico, polemista, ecclesiastico, bibliotecario, archivista e persino numismatico, fu una delle figure più prestigiose del Settecento europeo. Nato a Vignola, studiò a Modena presso i gesuiti, dove ricevette gli ordini minori e si laureò in filosofia e in diritto. Dopo un’esperienza nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, città in cui maturò un ideale estetico a favore di una riforma della cultura e della poesia italiana, nel 1700 si trasferì a Modena (dove rimarrà fino alla morte), presso Rinaldo I d’Este, come tutore dei suoi figli e bibliotecario ducale. Sollecitato anche dalle ricerche archivistiche legate alle questioni territoriali del ducato, realizzò una serie di imprese culturali straordinarie (tra cui ricordiamo i Rerum Italicarum Scriptores e le Antiquitates Italicae Medii Aevi) che lo consacreranno tra i protagonisti del rinnovamento storiografico-intellettuale del XVIII secolo e caposaldo della ricerca storica sul medioevo.