«È brava Ilaria Tuti a non scivolare nella china del sentimentalismo. È interessante la minuziosa attenzione che dedica al linguaggio, alle sue architetture e alla sua musicalità.»
Dacia Maraini
«Il bel racconto di Ilaria Tuti, "Fiore di roccia", è veramente uno dei pochi romanzi che può reggere al confronto con i classici che si sono cimentati con la Grande Guerra.»
TTL, la Stampa
«Ilaria Tuti costruisce un romanzo teso in cui nessuna parola è superflua, nessuna descrizione «decorativa»: le piaghe sulle spalle martoriate delle ragazze, gli occhi «bui» dei soldati, un pasto misero consumato in silenzio, le lacrime trattenute e le poche risate sono le (bellissime) tessere di un mosaico epico e scarno insieme.»
Corriere della Sera
«Una scrittura fortemente evocativa.»
The Guardian
«Scrittura preziosa ed evocativa, uso attento del dialetto, ha il respiro di una testimonianza storica e nello stesso tempo di una parola raccontata e custodita nell’intimità.»
Stefania Auci, autrice de «I leoni di Sicilia»
«Quelli che riecheggiano lassù, fra le cime, non sono tuoni. Il fragore delle bombe austriache scuote anche i villaggi, mille metri più giù.
Restiamo soltanto noi donne, ed è a noi che il comando militare italiano chiede aiuto: alle nostre schiene, alle nostre gambe, alla nostra conoscenza di quelle vette e dei segreti per risalirle.
Dobbiamo andare, altrimenti quei poveri ragazzi moriranno anche di fame.
Questa guerra mi ha tolto tutto, lasciandomi solo la paura. Mi ha tolto il tempo di prendermi cura di mio padre malato, il tempo di leggere i libri che riempiono la mia casa. Mi ha tolto il futuro, soffocandomi in un presente di povertà e terrore.
Ma lassù hanno bisogno di me, di noi, e noi rispondiamo alla chiamata. Alcune sono ancora bambine, altre già anziane, ma insieme, ogni mattina, corriamo ai magazzini militari a valle. Riempiamo le nostre gerle fino a farle traboccare di viveri, medicinali, munizioni, e ci avviamo lungo gli antichi sentieri della fienagione.
Risaliamo per ore, nella neve fino alle ginocchia, per raggiungere il fronte. I cecchini nemici – diavoli bianchi, li chiamano – ci tengono sotto tiro. Ma noi cantiamo e preghiamo, mentre saliamo con gli scarpetz ai piedi. Ci aggrappiamo agli speroni con tutte le nostre forze, proprio come fanno le stelle alpine, i ’fiori di roccia’.
Ho visto il coraggio di un capitano costretto a prendere le decisioni più difficili. Ho conosciuto l’eroismo di un medico che, senza sosta, fa quel che può per salvare vite. I soldati ci hanno dato un nome, come se fossimo un vero corpo militare: siamo Portatrici, ma ciò che trasportiamo non è soltanto vita. Dall’inferno del fronte alpino noi scendiamo con le gerle svuotate e le mani strette alle barelle che ospitano i feriti da curare, o i morti che noi stesse dovremo seppellire.
Ma oggi ho incontrato il nemico. Per la prima volta, ho visto la guerra attraverso gli occhi di un diavolo bianco. E ora so che niente può più essere come prima.»
Con Fiore di roccia Ilaria Tuti celebra il coraggio e la resilienza delle donne, la capacità di abnegazione di contadine umili ma forti nel desiderio di pace e pronte a sacrificarsi per aiutare i militari al fronte durante la Prima guerra mondiale. La Storia si è dimenticata delle Portatrici per molto tempo. Questo romanzo le restituisce per ciò che erano e sono: indimenticabili.
Dacia Maraini
«Il bel racconto di Ilaria Tuti, "Fiore di roccia", è veramente uno dei pochi romanzi che può reggere al confronto con i classici che si sono cimentati con la Grande Guerra.»
TTL, la Stampa
«Ilaria Tuti costruisce un romanzo teso in cui nessuna parola è superflua, nessuna descrizione «decorativa»: le piaghe sulle spalle martoriate delle ragazze, gli occhi «bui» dei soldati, un pasto misero consumato in silenzio, le lacrime trattenute e le poche risate sono le (bellissime) tessere di un mosaico epico e scarno insieme.»
Corriere della Sera
«Una scrittura fortemente evocativa.»
The Guardian
«Scrittura preziosa ed evocativa, uso attento del dialetto, ha il respiro di una testimonianza storica e nello stesso tempo di una parola raccontata e custodita nell’intimità.»
Stefania Auci, autrice de «I leoni di Sicilia»
«Quelli che riecheggiano lassù, fra le cime, non sono tuoni. Il fragore delle bombe austriache scuote anche i villaggi, mille metri più giù.
Restiamo soltanto noi donne, ed è a noi che il comando militare italiano chiede aiuto: alle nostre schiene, alle nostre gambe, alla nostra conoscenza di quelle vette e dei segreti per risalirle.
Dobbiamo andare, altrimenti quei poveri ragazzi moriranno anche di fame.
Questa guerra mi ha tolto tutto, lasciandomi solo la paura. Mi ha tolto il tempo di prendermi cura di mio padre malato, il tempo di leggere i libri che riempiono la mia casa. Mi ha tolto il futuro, soffocandomi in un presente di povertà e terrore.
Ma lassù hanno bisogno di me, di noi, e noi rispondiamo alla chiamata. Alcune sono ancora bambine, altre già anziane, ma insieme, ogni mattina, corriamo ai magazzini militari a valle. Riempiamo le nostre gerle fino a farle traboccare di viveri, medicinali, munizioni, e ci avviamo lungo gli antichi sentieri della fienagione.
Risaliamo per ore, nella neve fino alle ginocchia, per raggiungere il fronte. I cecchini nemici – diavoli bianchi, li chiamano – ci tengono sotto tiro. Ma noi cantiamo e preghiamo, mentre saliamo con gli scarpetz ai piedi. Ci aggrappiamo agli speroni con tutte le nostre forze, proprio come fanno le stelle alpine, i ’fiori di roccia’.
Ho visto il coraggio di un capitano costretto a prendere le decisioni più difficili. Ho conosciuto l’eroismo di un medico che, senza sosta, fa quel che può per salvare vite. I soldati ci hanno dato un nome, come se fossimo un vero corpo militare: siamo Portatrici, ma ciò che trasportiamo non è soltanto vita. Dall’inferno del fronte alpino noi scendiamo con le gerle svuotate e le mani strette alle barelle che ospitano i feriti da curare, o i morti che noi stesse dovremo seppellire.
Ma oggi ho incontrato il nemico. Per la prima volta, ho visto la guerra attraverso gli occhi di un diavolo bianco. E ora so che niente può più essere come prima.»
Con Fiore di roccia Ilaria Tuti celebra il coraggio e la resilienza delle donne, la capacità di abnegazione di contadine umili ma forti nel desiderio di pace e pronte a sacrificarsi per aiutare i militari al fronte durante la Prima guerra mondiale. La Storia si è dimenticata delle Portatrici per molto tempo. Questo romanzo le restituisce per ciò che erano e sono: indimenticabili.
Détails du livre
-
Éditeur
-
Texte original
Oui -
Langue
Italien -
Langue d'origine
Italien -
Date de publication
-
Nombre de pages
320 -
Collection
À propos de l'auteur
Ilaria Tuti
Ilaria Tuti vive a Gemona del Friuli, in provincia di Udine. Ha esordito nella narrativa con Fiori sopra l’inferno (Longanesi 2018). Il secondo romanzo, Ninfa dormiente, è del 2019. Entrambi vedono come protagonisti il commissario Teresa Battaglia, uno straordinario personaggio che ha conquistato editori e lettori in tutto il mondo, e soprattutto la terra natia dell’autrice, la sua storia, i suoi misteri. Con Fiore di roccia (2020), e attraverso la voce di Agata Primus, Ilaria Tuti celebra un vero e proprio atto d’amore per le sue montagne, dando vita a una storia profonda e autentica. Nel 2021, con Luce della notte e Figlia della cenere, torna alle storie di Teresa Battaglia. Del 2021 è anche la nomina di Ninfa dormiente agli Edgar Awards e il Premio letterario Rapallo per la donna scrittrice per Fiore di roccia. È inoltre autrice del romanzo Come vento cucito alla terra (2022), ispirato alla vera storia delle prime donne chirurgo durante la Grande Guerra. Nel 2023 esce Madre d’ossa, un nuovo caso per Teresa Battaglia. I suoi romanzi sono pubblicati in 27 Paesi. Da Fiori sopra l’inferno e Ninfa dormiente sono state tratte le omonime serie tv con Elena Sofia Ricci, in onda su Rai1.