Il gene del diavolo
Le malattie genetiche, le loro metafore, il sogno e le paure di eliminarle
Baroukh M. Assael
È bastata una generazione di medici per mutare radicalmente la prospettiva sulle malattie genetiche. Un tempo erano accettate come una fatalità; oggi, in molti casi, possono essere governate, tanto che alcune di loro sono quasi sparite, come la talassemia, scomparsa da Cipro grazie a una decisione politica, o la malattia di Tay-Sachs, non più diffusa come un tempo tra gli ebrei ashkenaziti. Anche la fibrosi cisticasi è ridimensionata in alcune parti del mondo e dell’Italia.
La malattia genetica è come una «maledizione familiare», serpeggia tra le generazioni, scompare e ricompare. È cosa ben diversa da un’epidemia infettiva: mentre virus e batteri sono nemici esterni, visibili, identificabili, contro i quali è lecito, persino doveroso combattere, i geni non lo sono: la malattia genetica la porti dentro, è parte di te, è il diavolo in corpo.
L’intervento sanitario contro le malattie ereditarie ha una valenza sociale. È una questione antropologica prima ancora che medica, dal momento che non mira a guarire i malati, bensì a diminuire l’incidenza del male nelle generazioni future. Sono stati diversi i modelli di intervento per il controllo delle malattie genetiche: si trovano in contesti culturali differenti e hanno esiti e motivazioni diverse, ben descritte in questo libro. Oggi si torna a parlare di programmi «neo-eugenetici», ma ancora pesano le metafore che il «gene del diavolo» porta con sé, le stigmatizzazioni sociali e persino, in certi casi, l’identità etnica di intere popolazioni.
La malattia genetica è come una «maledizione familiare», serpeggia tra le generazioni, scompare e ricompare. È cosa ben diversa da un’epidemia infettiva: mentre virus e batteri sono nemici esterni, visibili, identificabili, contro i quali è lecito, persino doveroso combattere, i geni non lo sono: la malattia genetica la porti dentro, è parte di te, è il diavolo in corpo.
L’intervento sanitario contro le malattie ereditarie ha una valenza sociale. È una questione antropologica prima ancora che medica, dal momento che non mira a guarire i malati, bensì a diminuire l’incidenza del male nelle generazioni future. Sono stati diversi i modelli di intervento per il controllo delle malattie genetiche: si trovano in contesti culturali differenti e hanno esiti e motivazioni diverse, ben descritte in questo libro. Oggi si torna a parlare di programmi «neo-eugenetici», ma ancora pesano le metafore che il «gene del diavolo» porta con sé, le stigmatizzazioni sociali e persino, in certi casi, l’identità etnica di intere popolazioni.
Détails du livre
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Éditeur
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Langue
Italien -
Langue d'origine
Italien -
Date de publication
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Nombre de pages
185 -
Collection
À propos de l'auteur
Baroukh M. Assael
Baroukh Maurice Assael (Alessandria, Egitto, 1947) ha lavorato all’Istituto «Mario Negri» di Milano ed è stato docente di Pediatria all’Università di Milano e Direttore del Centro Fibrosi Cistica di Verona. Autore di numerosi articoli di pediatria e di infettivologia su riviste scientifiche internazionali, oltre alla curatela di un Dizionario di vaccinazione (1994), ha pubblicato Il favoloso innesto. Storia sociale della vaccinazione (1996) e Il male dell’anima. L’epilessia fra ‘800 e ‘900 (con Giuliano Avanzini, 1997).