I manager, una razza padrona che controlla le aziende e le istituzioni pubbliche. Il saggio di Michele Dau ripercorre la storia di questa figura dalla prima organizzazione industriale di massa fino alla «rivoluzione manageriale» del dopoguerra. I manager hanno oggi tradito la loro missione, divenendo una casta, ancora molto maschile, di tecnocrati autoreferenziali, causando così scelte sbagliate e talora disastrose. Capitani di navi lasciate alla deriva, gli alti dirigenti appaiono incapaci di coordinare modelli innovativi di lavoro, di valorizzare le risorse umane affidate. Si è da tempo interrotta una storia positiva interpretata nell’Italia contemporanea da figure come Beneduce, Menichella, Giordani, Olivetti, Mattei, Saraceno, che sono stati anche sviluppatori e imprenditori attenti al bene collettivo. Per tornare a quella storia virtuosa, ai buoni manager, dei quali c’è un grande bisogno per riorganizzare le nostre strutture economiche e sociali, la strada è obbligata: vanno rifondate la cultura del merito e le sue basi morali e propulsive. In altre parole va affermato il principio della responsabilità, riferita ai risultati concreti e ai loro effetti sociali.
Détails du livre
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Éditeur
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Langue
Italien -
Date de publication
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Nombre de pages
128 -
Collection
À propos de l'auteur
Michele Dau
Nato a Roma nel 1951, ha studiato Storia della città e pianificazione applicata all’Università La Sapienza. Dal 1976 ha lavorato come direttore di ricerca al Censis sui problemi economici e sociali. È stato poi amministratore delegato di società di engineering e consulting, sotto la guida di Egidio Egidi e Marisa Bellisario. Nel 1997 è divenuto manager pubblico e ha svolto incarichi in alcune delle maggiori istituzioni nazionali. Dal 2004 è vicepresidente del Comitato per lo sviluppo locale e il lavoro all’Ocse. Per Castelvecchi ha scritto nel 2012 Mussolini l’anticittadino. Città, società e fascismo.