Nascosti nel sottosuolo della città, e pronti a farsi saltare in aria per far conoscere al mondo la tragica causa di Tamil Eelam, la loro patria perduta, dopo la resa definitiva delle Tigri e l’uccisione del loro capo Velupillai Prabhakaran da parte delle forze governative dello Sri Lanka, i tamil di Napoli, ostinati «come una crepa che si arrampica nella parete di un giardino, pieno di erbacce e frequentato dalle peggiori bestie notturne», in vent’anni di lavoro hanno creato un mondo altro, quasi un doppio della città, e hanno formato una società segreta, l’Accademia dei sotterranei, che va producendo opere letterarie napo-tamil. Dieci dei loro scrittori, annidati nel sottosuolo della città, raccontano la storia meravigliosa di questa guerra sconosciuta, e lo fanno per l’appunto in dieci capitoli, quanti sono gli avata¯ra (le reincarnazioni) di Vishnu, i cui altarini campeggiano nei bassi dei tamil di Materdei, della Sanità, dei Quartieri Spagnoli e del Pallonetto di Santa Lucia. In uno straordinario concerto narrativo, una comunità invisibile racconta le sue mirabolanti imprese, le mitologie, la vita quotidiana. È una comunità che ha lasciato la sua impronta sull’immaginario attuale di Napoli, e che, a sua volta, da Napoli è stata profondamente segnata, creando strepitose mescolanze. Abbiamo cosí madonne con proboscidi e code di elefante, patroni nati dalla fusione di Buddha e San Gennaro, e una disperata attività letteraria espressa sulle pagine di una rivista underground che s’intitola Cannarutizia. La fantasia di Arena procede sbrigliata e felice con un fuoco di fila di magnifiche invenzioni, come quella della prima macelleria vegetariana del mondo, o quella di un coro tamil del teatro di San Carlo, il cui direttore, Thiruchelvam detto ’o Cardillo, diventa una star del pantheon neomelodico con il super-hit «’Ndraccalà»; e poi la pizza Paruppusilli, condita con una specie di fagioli asiatici, curry e peperoncino, o la sindaca Iervolino che, convertitasi, adibisce un’intera sala del municipio ad attività di meditazione. Soprattutto, i quattro Vangeli vesuviani di Siddharta, del Mahatma Fiorenzo Sarnelli, alla cui origine c’è, nel Settecento, la storia di una prodigiosa reliquia – una goccia del sangue del Buddha – versata nel cratere del Vesuvio. Sostenuto da una lingua bellissima e inventiva, l’opera di Arena è un libro di estrema originalità e ardua classificazione. Epica e comica, sentimentale e spietata, capace di scatenare il riso e il pianto, è il ritratto possibile di un mondo nuovo che nasce dall’incontro di realtà fra loro estranee, e che tuttavia sanno cooperare fino a coincidere.
«Nel corpo tamil di Napoli, dove si incontrano bibliotecari, macellai vegetariani, professori cannibali, santi cristiani e santi indù, Arena costruisce un Quinto Evangelio napoletan-asiatico in cui mitologia e terrorismo, città sacra sotterranea e metropoli includono, in un melting pot tutto partenopeo, le silenziose presenze tamil e singalesi. Un romanzo visionario, vitale e sorprendente». Antonella Cilento
«Tra i tanti giovani autori della new wave letteraria napoletana, Alessio Arena è il piú sorprendente, il piú inventivo, e di sicuro uno dei piú bravi». Francesco Durante
«Dico siamo arrivati, ma io, l’ho già sottolineato, qui ci sono nato, anche se essere napoletani, piú che una condizione di fatto che si acquisisce con la nascita, è una specie di stato mentale, un modo di intendere il proprio destino sulla terra come passeggero, profondamente inutile, e quindi privo di qualsiasi obbligo morale». Janaka Jayawardana, detto anche Genna ro BibberòDétails du livre
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Éditeur
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Texte original
Oui -
Langue
Italien -
Langue d'origine
Italien -
Date de publication
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Nombre de pages
164 -
Collection
À propos de l'auteur
Alessio Arena
Alessio Arena, nato a Napoli nel 1984, è scrittore e cantautore. Ha vinto la XXIV edizione di Musicultura, Festival della canzone popolare e d’autore, e il premio A.F.I al miglior progetto discografico. All’inizio del 2014 ha pubblicato il primo album plurilingue Bestiari(o) familiar(e), inciso tra Napoli e Barcellona, dove vive. Per il teatro ha scritto in spagnolo Hielo e El árbol o las manos abiertas de Celidonia Fuentes, entrambi prodotti e messi in scena a Madrid. È autore dei romanzi L’infanzia delle cose (Premio Giuseppe Giusti Opera Prima) e Il mio cuore è un mandarino acerbo.