
Estate 1991: il presidente dell’Inter Ernesto Pellegrini sceglie Corrado Orrico come allenatore con l’obiettivo di rivoluzionare il gioco dei nerazzurri e renderlo più spettacolare. A Milano Orrico riadatta il sistema “WM” e porta la mitica “gabbia”, nella quale fa allenare la squadra tra le perplessità degli addetti ai lavori e i sorrisi increduli dei giocatori. Ma soprattutto propone idee tattiche che allora sembravano strampalate e invece anni dopo ritroveremo applicate nel calcio moderno. Ma era troppo presto. I battibecchi con Matthäus, le battaglie con la bilancia di Berti, le ore trascorse con Klinsmann a discutere di filosofia – la sua grande passione – caratterizzarono quella mezza stagione sfortunata, conclusa con le dimissioni e la rinuncia all’ingaggio nel momento in cui Orrico realizzò di non essere in grado di superare la resistenza al cambiamento che squadra e ambiente opponevano alle sue idee innovative. La rivoluzione era fallita, ma il seme era stato gettato. Oggi questo grande visionario del pallone ripercorre nel suo tipico stile ironico e disincantato le tappe di quell’impresa non riuscita (ma ricordata ancora con affetto dai tifosi dell’Inter e non solo), svelandoci retroscena inediti e non mancando di gettare una nuova luce su molti aspetti del gioco contemporaneo
Détails du livre
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Éditeur
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Texte original
Oui -
Langue
Italien -
Date de publication
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Nombre de pages
128 -
Collection
À propos de l'auteur
Corrado Orrico
Toscano di Massa, classe 1940, nel 1991 è stato l’allenatore dell’Inter per appena sei mesi, ma quella sua breve parentesi non è passata inosservata. In carriera ha allenato anche Udinese, Lucchese, Brescia, Empoli, portando sempre avanti la propria di idea di calcio “del futuro”. Oggi, lasciata la panchina, fa l’opinionista televisivo
Vanni Spinella
Scrive per il sito di Sky Sport. Ha pubblicato con Sandro Gamba Il mio basket (Baldini + Castoldi, 2012) e con Corrado Orrico Quello della gabbia (Ultra, 2024). Alle elementari è arrivato secondo nella staffetta alle gare della scuola, ma gli hanno consegnato la medaglia di bronzo, perché quelle d’argento erano finite.