La coscienza infelice nella filosofia di Hegel

La coscienza infelice nella filosofia di Hegel

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La coscienza infelice nella filosofia di Hegel inaugurò, negli anni Trenta del Novecento, la stagione dello hegelismo in Francia. Leggere Hegel attraverso il prisma della teologia cristiana fu una scelta teorica che, data la sua provocatoria radicalità, non si ripeté più «nella storia delle interpretazioni hegeliane». Con spirito innovatore, Jean Wahl restituisce le tortuose dinamiche e le tante anime che muovono il filosofo tedesco a partire dagli scritti teologici giovanili. Ed è proprio nella lettura hegeliana del cristianesimo che si manifestano i «misteri della sua filosofia e la chiave per afferrare il suo atteggiamento verso la singolarità». Si scopre così, nel commento alla Fenomenologia dello Spi-rito, lo sviluppo dei capisaldi del pensiero hegeliano: la nozione di “coscienza infelice”, il movimento dell’Idea, la contraddittorietà dell’autocoscienza, il perpetuo superamento dei contrari. Un’intuizione esegetica, quella di Jean Wahl, che anticipò le celebri lezioni parigine di Alexandre Kojève, e destinata a influenzare il pensiero dei maggiori intellettuali francesi del Ventesimo secolo, da Emmanuel Lévinas a Jean-Paul Sartre.

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