La filosofia comincia con il dubbio, scriveva Kierkegaard. Nell’antichità gli scettici fecero del dubitare il fulcro della lotta contro la dogmatica, e nell’età moderna Cartesio pone il dubbio al cuore dell’esistenza dell’uomo. Di una cosa, però, tutti costoro non dubitano: che l’atto del dubitare equivalga al pensiero. Spesso, nel corso della Storia, i filosofi hanno scorto nel dubbio il fondamento di un sapere indubitabile. Ágnes Heller ripercorre le tappe di questo paradosso e si pone una domanda che riguarda la vita di noi tutti: dubitare fa bene? Se è vero, infatti, che la completa assenza di dubbio (circa il mondo, le proprie convinzioni, se stessi o gli altri) impedisce il dialogo e l’incontro con l’altro da sé, è anche vero che la vita stessa sarebbe impossibile se si dubitasse di tutto. Fino a che punto è doveroso esercitare l’arte del dubbio? Possiamo dubitare di noi, delle nostre emozioni, dei nostri sentimenti?
Dettagli libro
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Editore
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Testo originale
Sì -
Lingua
Italiano -
Data di pubblicazione
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Numero di pagine
48 -
Traduttore
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Argomento
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Collana
Sull'autore
Ágnes Heller
(Budapest, 12 maggio 1929) Filosofa ungherese, assistente di Lukács all’Università di Budapest, da cui fu espulsa nel 1959; riammessa nel 1963, divenne il massimo esponente della «Scuola di Budapest». Licenziata dall’Accademia nel 1973, nel 1978 accettò un incarico presso l’Università di Melbourne per assumere poi la cattedra di Hannah Arendt a New York. Nota in Occidente come la teorica dei bisogni radicali e della rivoluzione della vita quotidiana, è oggi considerata una delle più significative filosofe viventi.