Permunian colpisce ancora e va a fondo come non mai.
«In Permunian sembra di riconoscere ancora intatto il potere della scrittura letteraria come era intesa dai grandi maestri moderni, da Kafka a Céline a Beckett.»
Emanuele Trevi
«Il dono principale di questo ironico, spesso caustico, narratore consiste, a mio parere, nel perfetto dosaggio dello spazio narrativo dedicato a ogni singolo evento o personaggio. [...] L'altro dono è quello di una scrittura estremamente elegante e di frequente tensione poetica, una scrittura che, come ha scritto Ermanno Paccagnini, riesce a colorare la realtà “anche di stralunata, comica, persino lirica follia”.»
Andrea Camilleri
«Lui è il più bravo. Ha battuto i colleghi cattivi della vicina regione, i Piovene e i Parise. Loro si muovono tentennanti fra tradizione e protesta, lui d'un balzo salta al centro della scena europea.»
Angelo Guglielmi
«Permunian va a caccia di incubi, come altri, con il retino in mano, vanno ad acchiappare farfalle. Gremisce le pagine dei suoi libri e le rende brulicanti come le tavole nelle quali l'arte di Bosch ha rovesciato catastrofi ironiche.»
Salvatore Silvano Nigro
Tito Maria Imperiale, meglio noto come el sior Titìn per via della bassa statura, vicecapocronista e firma illustre dell’«Eco del Garda», si apre ai lettori rivelando le proprie ossessioni private, a cominciare dalle perversioni condivise con la moglie che l'ha da poco abbandonato. Nel farlo, svergogna il mondo provinciale che lo circonda: un mondo di egoismo e vacuità, noia e dissipazione, in cui tutti nascondono una depravazione e l’unica smorfia etica è un moralismo ipocrita; in cui c’è chi gira un sequel del Salò di Pasolini nei luoghi reali della Repubblica Sociale e chi, nostalgico, insegna agli eredi motivetti del Ventennio.
Francesco Permunian ci trascina di nuovo nel suo teatrino dell’assurdo affollato di marionette farneticanti. L’aberrazione e la turpitudine diventano in questo Elogio neutre manifestazioni di una società priva di rotta, in cui non pare concepibile trovare un indirizzo né un senso che sorpassino l’istante. Nelle grottesche avventure dei protagonisti, riportate da un narratore non sempre affidabile, alla satira esplicita e asperrima si uniscono un’ironia più sottile e un'amarezza di sfondo: Elogio dell’aberrazione è un pugno in faccia che si prende ridendo.
«In Permunian sembra di riconoscere ancora intatto il potere della scrittura letteraria come era intesa dai grandi maestri moderni, da Kafka a Céline a Beckett.»
Emanuele Trevi
«Il dono principale di questo ironico, spesso caustico, narratore consiste, a mio parere, nel perfetto dosaggio dello spazio narrativo dedicato a ogni singolo evento o personaggio. [...] L'altro dono è quello di una scrittura estremamente elegante e di frequente tensione poetica, una scrittura che, come ha scritto Ermanno Paccagnini, riesce a colorare la realtà “anche di stralunata, comica, persino lirica follia”.»
Andrea Camilleri
«Lui è il più bravo. Ha battuto i colleghi cattivi della vicina regione, i Piovene e i Parise. Loro si muovono tentennanti fra tradizione e protesta, lui d'un balzo salta al centro della scena europea.»
Angelo Guglielmi
«Permunian va a caccia di incubi, come altri, con il retino in mano, vanno ad acchiappare farfalle. Gremisce le pagine dei suoi libri e le rende brulicanti come le tavole nelle quali l'arte di Bosch ha rovesciato catastrofi ironiche.»
Salvatore Silvano Nigro
Tito Maria Imperiale, meglio noto come el sior Titìn per via della bassa statura, vicecapocronista e firma illustre dell’«Eco del Garda», si apre ai lettori rivelando le proprie ossessioni private, a cominciare dalle perversioni condivise con la moglie che l'ha da poco abbandonato. Nel farlo, svergogna il mondo provinciale che lo circonda: un mondo di egoismo e vacuità, noia e dissipazione, in cui tutti nascondono una depravazione e l’unica smorfia etica è un moralismo ipocrita; in cui c’è chi gira un sequel del Salò di Pasolini nei luoghi reali della Repubblica Sociale e chi, nostalgico, insegna agli eredi motivetti del Ventennio.
Francesco Permunian ci trascina di nuovo nel suo teatrino dell’assurdo affollato di marionette farneticanti. L’aberrazione e la turpitudine diventano in questo Elogio neutre manifestazioni di una società priva di rotta, in cui non pare concepibile trovare un indirizzo né un senso che sorpassino l’istante. Nelle grottesche avventure dei protagonisti, riportate da un narratore non sempre affidabile, alla satira esplicita e asperrima si uniscono un’ironia più sottile e un'amarezza di sfondo: Elogio dell’aberrazione è un pugno in faccia che si prende ridendo.
Dettagli libro
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Editore
-
Lingua
Italiano -
Data di pubblicazione
-
Numero di pagine
208 -
Argomento
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Collana
Sull'autore
Francesco Permunian
Francesco Permunian (Cavarzere, 1951) vive e lavora da molti anni sul lago di Garda. Ha pubblicato diversi libri, tra cui Costellazioni del crepuscolo (Il Saggiatore, 2017), Sillabario dell'amor crudele (Chiarelettere, 2019, Premio Dessì), Giorni di collera e di annientamento (Ponte alle Grazie, 2021), Elogio dell'aberrazione (Ponte alle Grazie, 2022). Su di lui e sulle sue opere hanno scritto i maggiori critici italiani.