Filosofia del campetto

Filosofia del campetto

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Perché giocare al campetto ha un significato diverso dall’andare a correre o in palestra? Perché molti giocatori di basket preferiscono il playground al parquet professionistico? Perché il playground è un ambiente magico, che evoca leggende, culture, eroi. Un luogo composto solamente da cemento e canestri, capace però di attrarre e creare un’atmosfera densa di significati, che vanno oltre la semplice attività sportiva, estendendosi alla vita sociale, all’identità di gruppo, alla ricostruzione di se stessi, al riscatto da una quotidianità che non premia l’impegno. Un luogo che ha un’anima collettiva, composta dalla moltitudine di ragazzi che, in ogni regione del mondo, sotto il sole cocente e nel gelo dell’inverno, costruiscono rapporti nel nome dall’amore irrazionale per questo gioco. Il campetto assume così le sembianze di un mondo fuori dal tempo, che permette di estraniarsi per qualche istante da ciò che ci circonda, perfino da noi stessi. Un mondo in cui non ci sono partite, ma battaglie primordiali tra gruppi che, nel rispetto reciproco, difendono il proprio onore di strada. Se per Aristotele la filosofia era l’amore per la meraviglia, allora il campetto è il posto giusto in cui ricercarla.

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Sull'autore

Simone Rosi

È nato a Reggio Emilia nel 1997, ha collaborato con varie piattaforme online sul basket americano, fra cui Basketinside.com e My-Basket.it e ha pubblicato per Bradipolibri Discorsi sul Basket. Filosofia e Arte del Gioco.

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