Nel maggio 1940, a seguito dell’invasione della Wehrmacht del Belgio e dell’Olanda, René Magritte si rifugia prima a Parigi, poi nella cittadina medievale di Carcassonne, nel sud della Francia. Qui conosce Joë Bousquet e con lui instaura un rapporto di sincera amicizia, come testimonia, tra l’altro, il presente scambio epistolare. Bousquet rimane affascinato dall’universo onirico del celebre pittore surrealista belga; il suo inconfondibile stile, illusorio ed enigmatico, ben si addice alla sua visione intimistica della poesia e della scrittura. Al tempo stesso, Magritte trova in Bousquet un interlocutore colto e privilegiato per discutere di questioni concettuali, relative – in generale – alla pittura e ai cardini teorici del movimento di cui entrambi erano autorevoli rappresentanti. Ad accomunarli, un incondizionato amore per l’arte, che diviene il luogo simbolo per trasfigurare con l’immaginazione la realtà e convertirla in sogno, nel linguaggio profondo dell’inconscio.
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Joë Bousquet
Joë Bousquet (1897-1950) è stato uno tra i maggiori scrittori del XX secolo. Gravemente ferito alla colonna vertebrale, il 27 maggio 1918 durante la Prima guerra mondiale, rimane paralizzato nella parte inferiore del corpo all’età di ventuno anni. Reso gravemente infermo, si applica a una vasta opera eteroclita per trasformare la propria ferita in un simbolo universale. Nessun poeta, dopo Rimbaud, si è lasciato tanto attirare come Bousquet dalle vertigini delle tenebre, dove il silenzio è materia inerte da ascoltare. La sua ampia produzione, che comprende romanzi, poesie, saggi di critica letteraria, lettere, diari, è in gran parte ancora inedita in Italia.