La famiglia Benade

La famiglia Benade

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Sudafrica, 1994. Al 127 di Marta Street, nel sobborgo di Triomf, alla periferia di Johannesburg – un quartiere operaio popolato esclusivamente da bianchi indigenti – abita la famiglia Benade. Pop, il pater familias, bretelle ciondoloni sulle ginocchia, capelli bianchi arruffati e dritti sulla testa, a quasi ottant’anni non si alza ormai più dalla poltrona davanti al televisore. Anche Mol, sua moglie, non scherza. Se ne sta seduta con le gambe larghe sotto la vestaglietta che non toglie mai, facendo dondolare su e giù il dente finto e fumando una sigaretta dietro l’altra. Entrambi cercano di tenersi alla larga da Lambert, il figlio quarantenne, epilettico e affetto da disturbi della personalità che lo rendono pericoloso per se stesso e gli altri. E poi c’è Treppie, il fratello di Mol, che si è assunto il ruolo di provocatorio filosofo della famiglia e quando la mette giù dura dice cose davvero meschine e cattive. Trent’anni prima, all’epoca della sua costruzione, Triomf era pieno di gente nuova, erano tutti giovani e pieni di belle speranze. I Benade se lo ricordano ancora il giorno in cui il Community Development annunciò la costruzione di abitazioni per i «bianchi bisognosi» proprio lì, dove una volta c’era Sophiatown. Il terreno era stato spianato dai bulldozer e i “cafri” se n’erano andati. Triomf, sarebbe diventato un quartiere pieno di «belle casette per bianchi». Il quartiere dove i Benade sarebbero diventati ricchi. Non lo sono diventati. La casa in cui vivono, con due cani che non la piantano di abbaiare e fanno i loro bisogni ovunque, è fatiscente. L’inverno ha reso l’erba del giardino simile a paglia. Le lastre di lamiera sul tetto si sono allentate. Il legno si sta scrostando, in certi punti è proprio marcio e pende a brandelli dal tetto. Solo la cassetta della posta viene tenuta come un gioiello, perché di questi tempi bisogna avere una cassetta della posta decente a Triomf. Siamo infatti alla vigilia delle prime elezioni democratiche del Paese, elezioni da cui Mandela uscirà vincitore, e i Benade, come gli altri abitanti di Triomf, sono stufi delle promesse della politica. Così come sono stufi dei picchiatori razzisti del National Party, dei testimoni di Geova e della città che incombe su di loro come un gigante vendicativo. L’unico modo che hanno per sopravvivere è ripetersi l’un l’altro che non hanno altro che la famiglia, per quanto sgangherata sia, e un tetto sopra la testa. Con una prosa impeccabile, Marlene van Niekerk è riuscita a forzare il varco del pregiudizio e del tabù dipingendo un memorabile affresco del Sudafrica e degli effetti dell’apartheid sugli afrikaner, la popolazione di boeri bianchi che colonizzò il paese al seguito della Compagnia Olandese delle Indie Orientali. La famiglia Benade è stato acclamato come uno dei migliori romanzi mai scritti in afrikaans, un’indagine tragicomica sullo sforzo umano di dare un senso alla vita, anche nella più misera e abietta delle circostanze.

«Crudele paradosso: da un lato un Paese che finalmente si affaccia alla democrazia, e dall’altro il naufragio morale di una famiglia descritto con terribile violenza. Ma anche con empatia straziante, con una compassione che trasforma l’allegoria politica in parabola evangelica». L’Express

«Una pietra miliare per la letteratura del Sudafrica». Daily Telegraph

«Scritto in maniera splendida». The Economist

«Un grande romanzo. Uno spaccato devastante di un sottoproletariato chiuso in un circolo vizioso di povertà e disperazione». The Observer

Dettagli libro

Sull'autore

Marlene Van Niekerk

Marlene van Niekerk (1954) è una scrittrice, poetessa e accademica sudafricana. Insegna Lingua e letteratura olandese e afrikaans alla Stellenbosch University di Cape Town. Il suo romanzo La famiglia Benade le è valsa la fama internazionale, diversi riconoscimenti letterari e la trasposizione cinematografica in un film pluripremiato diretto dal regista Michael Raeburn. Di Marlene van Niekerk Neri Pozza ha già pubblicato La via delle donne (2010).

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