La rappresentazione del mondo nel fanciullo

La rappresentazione del mondo nel fanciullo

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Il bambino non è, come voleva Rousseau, un semplice homunculus, ovvero un uomo in miniatura non ancora completo, bensì un essere sui generis, il cui sviluppo affettivo e cognitivo passa attraverso fasi differenziate e obbedisce a leggi proprie. È questo l’assunto fondamentale da cui parte Jean Piaget e che segna la sua intera opera: la differenza qualitativa tra il pensiero adulto e quello infantile. Così, quelle nozioni e rappresentazioni che all’adulto possono apparire come il risultato di una lettura immediata della realtà, sono invece il prodotto di una progressiva coordinazione di dati o attività più elementari da parte del bambino: sono insomma l’esito di un processo di «costruzione», irriducibile alle leggi della natura fisica e biologica. L’introduzione di queste metodologie specifiche sono la sfida e il principale contributo di Jean Piaget alla conoscenza scientifica.

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Sull'autore

Jean Piaget

Jean Piaget (1896-1980) tenne la cattedra di Psicologia generale a Losanna dal 1937 al 1955; dal 1949 si volse a ricerche metodologiche interdisciplinari, fondando tra l’altro a Ginevra, nel 1955, un Centro internazionale di epistemologia genetica. Presso Bollati Boringhieri è disponibile La rappresentazione del mondo nel fanciullo (2013).

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