Esaltata da contemporanei come Hugo e Balzac, studiata nelle scuole e amata dai surrealisti, Marceline Desbordes-Valmore (1786-1859) è l’unica donna tra i grandi della poesia francese, figura mitica di sperimentatrice autodidatta ed eroina tragica. La sua esistenza – gli amori intensi e disperati, la durezza dell’infanzia, il dolore di madre sopravvissuta ai suoi figli – diventa per Stefan Zweig materia pulsante di un gioco di specchi, in cui l’opera e la vita si riflettono l’una nell’altra. Figlia di un pittore di stemmi caduto in disgrazia, Marceline fu prima attrice riluttante e dovette poi affrontare la difficoltà di essere, nell’Ottocento, scrittrice e donna. Zweig ne indaga con empatia i tormenti e i misteri, mostrando come la violenza delle disgrazie si trasformi in acuta percezione della sofferenza umana, e prenda forma una poesia semplice ma piena d’invenzioni, che apre la strada alle sperimentazioni di Verlaine. Il libro, alla sua prima traduzione italiana, è completato da diciassette poesie, una selezione di lettere e una breve antologia critica dove autori come Baudelaire e Sainte-Beuve si confrontano con la poetessa.
Dettagli libro
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Editore
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Lingua
Italiano -
Data di pubblicazione
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Numero di pagine
192 -
Traduttore
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Argomento
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Collana
Sull'autore
Stefan Zweig
(Vienna, 1881 – Petrópolis, 1942) È stato uno degli scrittori più popolari del primo Novecento. Nel 1934, dopo che le sue opere furono bruciate nei roghi nazisti, lasciò l’Austria per trasferirsi a Londra, poi a New York e infine a Petrópolis. Per Castelvecchi, che sta curando la riedizione dei suoi lavori, sono già apparse, tra le altre, le biografie Balzac, Maria Antonietta, Dostoevskij, Casanova, Freud e Cicerone.