Forse soltanto oggi l’opera di Ivan Illich conosce quella che Benjamin chiamava «l’ora della leggibilità ». Illich non è solo il geniale iconoclasta che sottopone a una critica implacabile le istituzioni della modernità. Se la filosofia implica necessariamente una interrogazione dell’umanità e della non-umanità dell’uomo, allora la sua ricerca, che investe le sorti del genere umano in un momento decisivo della sua storia, è genuinamente filosofica e il suo nome va iscritto accanto a quelli dei grandi pensatori del Novecento, da Heidegger a Foucault, da Hannah Arendt a Günther Anders. È in questa nuova prospettiva che si deve guardare a Genere. Per una critica storica dell’uguaglianza, che Neri Pozza ripropone in una versione ampliata e corretta, tenendo conto di tutte le edizioni pubblicate durante la vita di Illich. Quando il libro uscì nel 1984, la critica dell’uguaglianza fra i sessi e la rivendicazione del «genere» contro il sesso erano decisamente precoci e diedero luogo a polemiche e fraintendimenti. Come Illich scrive nell’importante prefazione alla seconda edizione tedesca (finora inedita in italiano), la perdita del genere e la sua trasformazione in sessualità – che costituisce uno dei temi centrali del libro – sono trattate qui non nella forma di una «critica aggressiva» della modernità, ma in quella di una riflessione intorno ai mutamenti nei modi della percezione del corpo e delle sue relazioni col mondo. In questione è, cioè, la memoria e la perdita di quell’universo vernacolare o conviviale che Illich non si stanca di indagare e descrivere senz’alcuna nostalgia, ma con la lucida consapevolezza che esso custodisce gli indizi e le tracce di una possibile, felice sopravvivenza del genere umano.
«Illich rappresenta la riapparizione intempestiva nella modernità di un esercizio radicale della krisis, di una chiamata in giudizio senza attenuanti della cultura occidentale: krisis e giudizio tanto più radicali, perché provengono da una delle sue componenti essenziali, la tradizione cristiana». dall’introduzione di Giorgio Agamben
«Nello studio della storia, è diventato per me motivo di scandalo sempre maggiore il fatto che gli orrori della modernità possano essere compresi ultimamente solo come sovvertimento del Vangelo. Sotto l’influsso del mio maestro Gerhart Ladner, mi ha spinto la ripugnanza di fronte alla corruptio optimi quae est pessima. Questa “terribile corruzione di ciò che è più eccellente” è rimasta per me l’enigma su cui fare luce. Anche questo libro tratta di ciò: della degradazione dell’amore a sessualità». Ivan IllichBook details
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268 -
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